Avviso

Dal 1° gennaio 2024 diventa operativa l'incorporazione di SOSE in Sogei, come previsto dalla legge n.112 del 2023 che ha disposto la fusione della società.

A tal fine tutte le comunicazioni Sose si trovano sul sito Sogei www.sogei.it

 

L'Italia durante gli anni della crisi finanziaria che ha attanagliato l'economia di quasi tutti i paesi industrializzati a partire dal 2008 ha messo in cantiere molte riforme. In tema di finanza pubblica locale sono soprattutto due i fili conduttori che hanno accompagnato l'attività dei governi che si sono succeduti in questo periodo: da un lato sono stati scritti vari programmi di spending review per rispondere alle esigenze di riduzione della spesa pubblica, dall'altro lato si è assistito a un massiccio processo di standardizzazione della spesa locale in settori fondamentali come la sanità, la gestione dei rifiuti urbani, il trasporto pubblico locale, l'istruzione, gli asili nido ecc.

Tra il 2013 e il 2015 i fabbisogni standard sono entrati nel DNA della finanza pubblica italiana, centrando un obiettivo importante inseguito da oltre vent'anni. La metafora che, a mio avviso, aiuta a descrivere il senso del cambiamento introdotto è quella del "Condominio Italia", dove finalmente l'amministrazione delle risorse inizia ad avvenire attraverso l'utilizzo delle tabelle millesimali e non più solo attraverso complicate e a volte lunghissime assemblee di condominio. Questo significa togliere il primato alla politica? Tutt'altro, significa dare alla politica più informazioni per decidere meglio.

I fabbisogni standard rappresentano un'importante innovazione per il sistema di finanza pubblica italiano e tre domande in particolare riescono a sintetizzare i principali punti del dibattito politico e tecnico che hanno stimolato appena arrivati sulla scena.

Cosa sono i fabbisogni standard? Questa è la prima domanda che è riecheggiata appena i primi risultati hanno visto la luce. La risposta è strettamente legata alla metafora delle tabelle millesimali. I Fabbisogni Standard, infatti, misurano il fabbisogno finanziario di un ente in base alle caratteristiche territoriali, agli aspetti socio-demografici della popolazione residente e in alcuni casi al livello dei servizi offerti dall'ente. Il tutto poi è sintetizzato in un coefficiente di riparto che esprime, posto pari a 1 il fabbisogno complessivo di uno specifico servizio, la quota di pertinenza di ogni comune. Ad esempio, facendo riferimento ai servizi relativi alla funzione di istruzione dei comuni, il fabbisogno standard di Roma è pari a 0,086513706844, mentre il fabbisogno standard di Milano è 0,050924900485. Quindi ponendo idealmente pari a 100 le risorse da distribuire per il settore dell'istruzione, a Roma spetterebbe un fabbisogno corrispondente a 8,65 e a Milano un fabbisogno pari a 5,09.

A cosa servono i fabbisogni standard? Questa è la seconda domanda sulla quale si sono interrogati soprattutto i non addetti ai lavori. Anche qui il parallelismo con le tabelle millesimali aiuta a intuire la risposta. Per quanto riguarda i comuni i fabbisogni standard, infatti, insieme con la capacità fiscale (ovvero le risorse che un comune può reperire applicando le aliquote standard dei tributi locali), sono i parametri in base ai quali a partire dal 2015 avviene il riparto (anche se inizialmente per una quota del 20%) delle risorse del Fondo di solidarietà comunale tra i comuni delle regioni a statuto ordinario. In questo modo, applicando i principi del federalismo fiscale inglobati nella nostra Costituzione (articolo 119), i comuni dotati di una capacità fiscale superiore al fabbisogno versano le risorse in eccesso al fondo da cui poi attingono i comuni che invece presentano una capacità fiscale non sufficiente a coprire il fabbisogno.

I fabbisogni standard possono essere utilizzati per fare spending review? Questa ultima è, invece, la domanda che ha forse tormentato di più gli addetti ai lavori e i policy makers. La risposta purtroppo è "ni". I fabbisogni standard, infatti, rappresentano un punto di riferimento rispetto al quale è possibile capire se un comune spende di più o di meno rispetto allo standard identificato come il livello medio di spesa degli enti con caratteristiche simili, ma da soli non ci consentono di giudicare la qualità della spesa. Ad esempio, a meno di non affiancare ai fabbisogni altre informazioni relative ai servizi offerti, non è immediato capire se la maggiore spesa rispetto al fabbisogno è indice di inefficienza o, al contrario, il frutto di una maggiore quantità di servizi offerti rispetto al livello standard compatibile con il fabbisogno.

Per superare questo deficit informativo entra in gioco opencivitas.it, lo strumento messo a punto dal MEF e dalla SOSE[1]  per l'esplorazione e il confronto online dei dati raccolti attraverso i questionari somministrati ai comuni ed elaborati per la determinazione dei fabbisogni standard.

Attraverso opencivitas.it si possono visualizzare in modo semplice concetti complessi come la valutazione del livello quantitativo delle prestazioni offerte dagli enti locali. Per ogni comune e ogni servizio, infatti, è possibile sapere di quanto la spesa storica si discosta dal fabbisogno standard congiuntamente a quanto i servizi offerti si discostano dal livello standard, questo ultimo identificato, al pari del fabbisogno, come il livello dei servizi offerti mediamente dagli enti con caratteristiche simili. Ad esempio, un comune che produce più servizi rispetto allo standard impiegando un livello di spesa più alto del fabbisogno opera meglio di un comune che, invece, a fronte di una spesa più alta del fabbisogno offre una quantità di servizi inferiore allo standard.

Per chi intende svolgere un'analisi più approfondita opencivitas.it presenta, poi, altre potenzialità. In primo luogo attraverso la consultazione di indicatori specifici è possibile approfondire le modalità di gestione dei servizi. Ad esempio, è possibile conoscere a quanti bambini è offerto il servizio di asilo nido in relazione a quelli residenti, quante sono le multe elevate per ogni vigile, quale è il costo medio del lavoro o verificare quali servizi sono offerti in unione con altri enti e quali, invece, in modo diretto ecc. Inoltre, abbracciando la filosofia "open data" tutte le informazioni di base contenute nei questionari e utilizzate per le elaborazioni sono direttamente scaricabili e fruibili, quindi, da chiunque voglia realizzare ulteriori indagini.

In conclusione, con la diffusione e l'analisi delle informazioni contenute in opencivitas.it s'intende facilitare il controllo da parte dei cittadini sull'operato degli amministratori locali supportando, al tempo stesso, i governi locali nell'individuazione delle migliori strategie di gestione. In questo modo il "ni" iniziale all'ultima domanda potrebbe diventare un "si" ponendo le basi, però, di un nuovo modo di fare spending review dal basso che vede il coinvolgimento diretto dei cittadini.
 
[1] SOSE – Soluzioni per il sistema economico S.p.A. è una società in-house partecipata all'88% dal MEF e al 12% dalla Banca d'Italia. Con il D.lgs. n.216 del 2010, il Parlamento ha conferito alla SOSE un ruolo tecnico di primo piano nel processo di determinazione dei fabbisogni standard affidandole l'elaborazione delle metodologie statistiche alla base del calcolo. La SOSE ha svolto questo compito in collaborazione con l'ANCI e sotto la supervisione delle COPAFF (Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale) riuscendo a consegnare al Parlamento il lavoro finito a dicembre 2013 secondo i tempi prestabiliti.