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Dal 1° gennaio 2024 diventa operativa l'incorporazione di SOSE in Sogei, come previsto dalla legge n.112 del 2023 che ha disposto la fusione della società.

A tal fine tutte le comunicazioni Sose si trovano sul sito Sogei www.sogei.it

 

In questa puntata di Data Corner ci occupiamo di un rapporto pubblicato da ISTAT con il Dipartimento delle Politiche per la famiglia e l’Università Ca’ Foscari Venezia, ovvero “Nidi e servizi educativi per bambini tra 0 e 6 anni” riferito all'anno educativo 2019-2020. Questo documento costituisce un aggiornamento e allo stesso tempo un approfondimento della ricognizione annuale delle informazioni utili per permettere l’analisi dell’offerta e della domanda di nidi, di servizi integrativi e di scuole d’infanzia.

Per consultare il report completo clicca qui

Testo Podcast

Gabriele Carones: Buongiorno a tutti e bentrovati, io sono Gabriele Carones e questo è Data Corner diamo inizio ad un appuntamento periodico che ci vede impegnati nel commentare un dato, uno studio, un rapporto tra quelli più importanti pubblicati di recente, e che hanno a che fare con i temi di cui SOSE si occupa, vale a dire economia, fisco ed enti locali.  

Come sapete i dati sono il nostro lavoro e abbiamo pensato di condividere anche all’esterno l'attività di riflessione e aggiornamento che normalmente facciamo per seguire i nostri temi.  

In questo appuntamento mi accompagna Giancarlo Ferrara che è un esperto di statistica e in SOSE è il Responsabile del nostro Centro Studi.  

Allora Giancarlo buongiorno e bentrovato 

Per iniziare questo appuntamento abbiamo scelto un rapporto molto importante pubblicato qualche giorno fa da ISTAT con il Dipartimento delle Politiche per la famiglia e l’Università Ca’ Foscari Venezia, ovvero il rapporto sui “Nidi e servizi educativi per bambini tra 0 e 6 anni” riferito all'anno educativo 2019-2020.  Diciamo subito che questo report è per noi particolarmente interessante perché SOSE elabora ogni anno i fabbisogni standard dei comuni per le funzioni fondamentali, tra cui appunto l’istruzione e gli asili nido.  

Giancarlo come è strutturato questo report e quali temi affronta nello specifico?  

Giancarlo Ferrara: Il report è il risultato di una collaborazione tra il Consorzio per lo sviluppo delle metodologie e delle innovazioni nelle pubbliche Amministrazioni, l’Istat e la Facoltà di Economia dell’Università Ca’ Foscari Venezia volto ad un approfondimento sui servizi educativi per la prima infanzia. 

Il lavoro rappresenta da una parte un aggiornamento e allo stesso tempo approfondisce la ricognizione annuale delle informazioni utili per permettere l’analisi dell’offerta e della domanda (di nidi, di servizi integrativi e di scuole d’infanzia). 

La fotografia delineata descrive il sistema di offerta sul territorio, evidenziandone i punti di forza e di debolezza e mettendo in luce ancora una volta la frammentarietà degli interventi pubblici in questo importante settore educativo. Servizi che risultano importanti sotto un altro importante aspetto, ovvero incentivare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, attraverso una miglior conciliazione della vita familiare con quella lavorativa. 

Volendo tracciare un quadro generale della situazione che riguarda in particolare gli asili nido, quindi l’offerta tra 0 e 3 anni, quali elementi emergono da questo rapporto? Già il fatto che parecchi dei paragrafi presentino titoli che iniziano con “i divari” e “le differenze” ci dice qualcosa in merito...  

Il rapporto rappresenta chiaramente come, con riferimento ai divari nell’offerta di servizi educativi sul territorio, nonostante i progressi, la diffusione dei servizi al Mezzogiorno appaia ancora insufficiente, confermando lo storico divario rispetto al Centro-nord, di pari passo con le disomogeneità economiche e sociali che caratterizzano il nostro paese. 

A tal riguardo, possiamo menzionare l’introduzione degli obiettivi di servizio, previsti già dal Consiglio Europeo di Barcellona nel lontano 2002, che consistono nel garantire a regime su tutto il territorio nazionale il livello minimo dei servizi educativi per l'infanzia (pubblici e privati) equivalenti, in termini di costo standard, alla gestione a tempo pieno di un utente dell’asilo nido. Tale livello minimo è fissato al 33% della popolazione target, ovvero della popolazione in età compresa tra i 3 e i 36 mesi, ed è determinato su base locale. Se nel nord_est e centro Italia siamo già oltre obiettivo (35%) Sud e Isole stanno al 15 e 16% rispettivamente. 

Infine, la spesa, che è il tema più direttamente correlato al lavoro che SOSE svolge sul campo. Ecco quali dati sono disponibili su questo rapporto e quali sono gli aspetti più interessanti da segnalare.  

Nel 2019 la spesa impegnata dai Comuni per i servizi educativi per la prima infanzia comunali o in convenzione e per i contributi alle famiglie ammonta a 1 miliardo e 496 milioni di euro, sostanzialmente stabile e con una leggera crescita rispetto al 2014, ma lontano dai valori osservati prima della precedente crisi finanziaria. Il 19% di questo importo viene rimborsato dalle rette pagate dalle famiglie, di conseguenza la parte di spesa a carico dei Comuni ammonta a circa un 1 miliardo e 216 milioni di euro. Di contro la spesa pro-capite (calcolata sulla popolazione residente sotto i 3 anni) aumenta tendenzialmente per effetto del calo demografico e della conseguente riduzione della popolazione di riferimento. Se la spesa media annua per bambino residente era pari a 542 euro del 2004, nel 2019 tale valore passa a 906 euro. 

In particolare, guardando la spesa delle regioni, si osserva una spesa pro-capite di circa 2000 euro per i comuni della provincia autonome di Trento e della valle d’Aosta (poco sotto si posiziona l’Emilia-Romagna) e si passa poi al mezzogiorno dove la spesa risulta al di sotto di 500 euro all’anno per residente sotto i 3 anni. 

Andando a valutare le differenze territoriali per fascia demografica, ovvero Comuni con meno di 50 bambini di età 0-2 anni, tra i 50 e i 500 bambini, tra i 500 e i 1000 bambini e poi oltre 1000, il divario tra il Centro-nord e il Sud risulta via via in aumento. Se infatti le differenze si assottigliano nella prima fascia, nella fascia 500-1000 i livelli più bassi restano quelli della Calabria (100 euro) e della Campania (85 euro), sostanzialmente al di sotto di una media nazionale che passa a 677 euro.  

Il report sottolinea poi come la gestione dei servizi in forma associata fra Comuni limitrofi rivesta un ruolo fondamentale soprattutto in relazione alla situazione demografica dei comuni, tali forme possono infatti consentire anche alle Amministrazioni comunali con pochi bambini residenti di garantire innanzitutto un’offerta educativa e allo stesso modo delle economie di scala. A conferma di ciò, all’aumentare delle fasce già menzionate, si osserva in media un aumento della gestione da parte dei Comuni singoli rispetto alla spesa gestita dagli Enti associativi. 

Concludendo, ancora una volta si osserva una marcata differenziazione a livello territoriale. Da questo punto di vista la disparità delle risorse e dei servizi attivi sul territorio risulta penalizzare non solo i residenti in alcune aree geografiche, in particolare del Mezzogiorno, per gli ostacoli all’inclusione dei giovani e delle donne nel mercato del lavoro, ma anche i bambini, che in assenza di investimenti e di risorse adeguate hanno poche possibilità di accesso a servizi educativi di qualità, soprattutto se provenienti dalle famiglie meno agiate. 

Giova a conclusione ricordare il fondamentale lavoro svolto anche da Sose per la definizione degli obiettivi di servizio degli asili nido. Il potenziamento del servizio degli asili nido si esplicherà attraverso l’incremento dell’offerta pubblica da parte dei comuni nei quali il servizio risulta inferiore all’obiettivo di copertura del 33% della popolazione in età 3-36 mesi, tenendo anche conto dell’offerta privata. 

Il divario in termini di utenza sarà colmato progressivamente con le risorse previste per il periodo 2022-2027 e, per gli anni successivi, le risorse stanziate per gli asili nido concorreranno a finanziare il mantenimento del livello di servizio pari al 33% della popolazione target. 

Le risorse attribuite nel Fondo di solidarietà comunale (FSC) per il raggiungimento degli obiettivi di servizio saranno pari a 1.1 miliardi di euro annui a decorrere dall'anno 2027, ovvero quanto l’intera spesa ad oggi sostenuta dai comuni .

Gabriele Carones: Bene e allora per questa puntata chiudiamo qui, grazie Giancarlo e alla prossima